Rubrica mensile in dialèt arşân – Ottobre 2023

Il Comune di Albinea e il gruppo di cultori e studiosi Léngua Mèdra Rèş e la nôstra léngua arşâna propongono come ogni mese un approfondimento sulla nostra straordinaria lingua madre, il dialetto reggiano!

Non perdetevi questo appuntamento, alla scoperta del significato di espressioni, modi di dire, proverbi e molto altro!

L’appuntamento mensile di OTTOBRE con la nostra rubrica dialettale è dedicato ai Palindromi in arşân

Con i termine palindromo si indica un verso, una frase, una parola, un numero in cifre o una data leggibili, con lo stesso significato sia da sinistra a destra, che da destra a sinistra, oppure una singola parola che, letta al contrario, genera un’altra parola di senso compiuto, come ad esempio: acetone<> enoteca.

Questa caratteristica delle parole che sembrano serbare contenuti “segreti”, rivelabili e rivelati solo agli “iniziati” di certe conoscenze, ha da sempre alimentato una certa aura magica attorno alla meraviglia della rivelazione. Basti pensare a quello che è forse il più famoso ed antico Palindromo, presentato addirittura in forma di quadrato magico, studiato ed interpretato da oltre 2000 anni e di cui il significato rimane tuttora oscuro e non rivelato: SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS.

Anche nel nostro dialét arşân si “nascondono” delle palindromie che sono solo da scoprire e rendere evidenti, come questo esempio classico: ANDOM A MODNA.

Il nostro Isarco Romani di Léngua Mèdra si è cimentato in questa difficile “arte”, che nel nostro dialetto presenta alcune difficoltà in più. Ne risultano a volte frasi un po’ sconnesse e surreali, non sense, dove spesso si danno per sottintesi un inizio o un seguito che non ci possono essere. Nonostante sia comunemente ammesso ignorare punteggiatura, apostrofi e accenti, comporre palindromi in lingua reggiana è assai arduo per almeno due motivi: l’uso della lettera h in finali di parole per avere la c e la g dure; l’elevata frequenza dei dittonghi “ei” e “ou” che risultano quasi inservibili quando rovesciati.

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A CAVAL DLA VACA (A cavallo della vacca)

Palindromo chiaramente debitore dell’«accavallavacca» fatto conoscere da Stefano Bartezzaghi (ma ideato da tal Marco Morello), con la differenza che in reggiano, pur non essendo un’unica parola, ha un senso compiuto.

A L’ÈRA PRAN N’ARPARÈLA (Era pure una rondella)
AL SREV TROP, AL T A PO DET, TE DOP AT LA PORT VERS LÀ (Sarebbe troppo, ti ha poi detto, tu dopo la porti verso là)
E VODNI TÓT IN DOVE? (E vuotano tutto dove?)
I OR ATACH GAVASA SA VAGH CATAROI? (Gli ori attorno a Gavassa, se vado, troverò?)
Ò MÉS AD DERGH GRED DA SEMO (Ho messo di dargli i gradi da scemo)
SE TI PORT, N’ARSANA O DO, AN ASRAN TROPI, TES (Se le porti, una reggiana o due, non saranno troppe, va)