Rubrica mensile in dialèt arşân – Aprile 2023

Come ogni mese eccoci con la rubrica dedicata all’approfondimento della nostra straordinaria lingua madre, il dialetto reggiano!

Il Comune di Albinea e il gruppo di cultori e studiosi Léngua Mèdra Rèş e la nôstra léngua arşâna proporranno anche per il 2023, tutti i mesi, un appuntamento alla scoperta del significato di espressioni, modi di dire, proverbi e molto altro!

L’appuntamento mensile di APRILE 2023.

Brasadèla: stôria d un nòm

Sté mèis parlòm dla brasadèla, un dòuls ch l ē fâci da fêr e bòun da magnêr. Perché l a s ciâma acsé? Còst l ē al risultê di stódi ’d Livio Ferretti.

Bracciatella, ciambella con il buco; dolce a pasta dura: pare che dal 1200 fino al 1920 nella Diocesi di Reggio, come in quella di altre città, ci fosse l’usanza a Pasqua rosa di regalare una bracciatella ai ragazzi e alle ragazze del Comune cresimandi in Duomo. Lo stesso regalo veniva fatto il lunedì dopo ai cresimandi della montagna.

Veniva chiamata così perché c’era l’usanza per i neo-cresimati di andare a far vista ai parenti portando questo dolce infilato in un braccio. In quei due giorni “Piâsa Grânda” era invasa da bancarelle che vendevano, oltre le coroncine, rosari e libretti da messa, anche le bracciatelle infilate in grossi bastoni. Questo il semplice racconto della tradizione reggiana.

Gianni Quondamatteo, etnologo riminese, nel suo “Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo” tra le altre cose scrive che “bracciatella” è una voce del XIII secolo e il dolce è documentato, come “bracidellus”, in una glossa latina medioevale del X secolo.

Secondo la rivista di studi romagnoli “La Piè” questo singolare nome deriverebbe dal fatto che veniva spontaneo, ai primitivi venditori, usare il braccio per tenere comodamente in mostra le ciambelle con il buco. Infatti, nelle cronache romagnole medievali, si parlava, riferendosi a dolci semplici a forma di ciambella col buco, di “bracidellus” in lingua tardo latina (da cui il termine dialettale romagnolo “brazadel”) e si racconta che gli ambulanti alle fiere di paese tenevano queste ciambelle inanellate in grossi bastoni o addirittura infilate nel braccio.

Savino Rabotti, in “Parla come mangi”, scrive che “brasadèla” deriva dal tedesco “bretzel”: ciambella ma il “bretzel”, chiamato anche “brezel, pretzel, pretz, breze o brezn”, è il classico pane salato tedesco e austriaco, diffuso anche in Alto Adige e Svizzera, dalla forma di cuore o nodo intrecciato.

L’origine del nome “bretzel” si intreccia con storia e leggenda, in un nodo indissolubile e che rappresenta, anche a livello visivo, la peculiarità di questo stuzzicante alimento. La prima di queste racconta che i “bretzel” siano il cibo da merenda più antico del mondo, potendo addirittura far risalire la sua origine ai monasteri del sud della Francia e del nord Italia intorno al 610 d.C. Questo pane prenderebbe il nome dal latino “bracellus”, ossia piccole braccia, per via della forma come di due braccia intrecciate in preghiera. Il riferimento risale quando alcuni monaci del Nord Italia utilizzarono delle parti avanzate dall’impasto del pane e ne fecero striscioline che poi intrecciarono tra di loro in modo da formare due braccia e in mezzo 3 buchi a rappresentare la Santissima Trinità.

Un’altra possibile origine del nome sarebbe da ricondurre a un altro termine latino: “brachiola” ovvero “piccolo braccio/braccino”, poi mutato in “brazula”, termine che poi in lingua tedesca è stato tradotto come “bretzel/brezel” a rappresentare le braccia incrociate.

Un’altra leggenda dice che a inventarli fu un frate italiano, che utilizzò gli avanzi dell’impasto del pane, dandogli la forma di braccia in gesto di preghiera e con tre fori a simbolo della Santissima Trinità. Diede questa merenda in regalo ai bambini che imparavano a memoria preghiere e versi dei testi sacri. Il nome “pretzel” deriverebbe dalla parola latina “pretiola” e cioè “piccola ricompensa”.

L’Ortolang” francese dice: «L’antico alto tedesco deve essere collegato a un latino volgare “brachitella” (diminutivo di “brachita, -us”, derivato di “brachium”: braccio). È possibile che il latino sia stato trasmesso in lingua germanica dai dialetti dell’Italia settentrionale (Bologna brazadèla, attestata già nel 1250 in forma latina “braçadella” in Du Cange) che risalgono al tipo “brachiatella”. Infatti sul suo “Glossarium” il Du Cange scrive: « Braçadella, a voce vernacula bononiensi Brazadêla» ossia ‘voce dialettale bolognese Brazadèla’.