Si intitola “Fuori nel mondo. Diario di un’artista viaggiatrice” la mostra pittorica di Manilla Ligabue che inaugurerà sabato 27 aprile, alle ore 18, nella sala civica di via Morandi 9 ad Albinea.
All’inaugurazione sarà presente Aurora Marzi.
Manilla è nata a Campagnola il 31 gennaio del 1947 e la sua arte è profondamente legata ai suoi viaggi e ai soggiorni in terre lontane, come il Kenya.
Nostalgia, stupore, desiderio, le hanno ispirato e tuttora le ispirano quei paesi lontani. Manilla riporta sulla tela ricordi, esperienze di vita vissuta, ed emozioni dei suoi viaggi. Come i viaggiatori protagonisti di tante opere letterarie, a partire da Ulisse e gli esploratori in carne ed ossa, anche l’autrice partecipa con le sue opere alla mitologia del grande viaggiatore.
Evoca così le atmosfere dei paesi visitati, interessata agli splendidi panorami, dai deserti alla vastità del mare, ma soprattutto alla popolazione locale e ai loro costumi.
Inizialmente voleva fare la scenografa. A Roma frequenta una scuola d’arte e studia scenografia e prospettiva ma è soprattutto dopo un soggiorno a Londra, dove visita i tanti musei della città e in particolare la Tate Gallery e la National Gallery, che inizia a realizzare una serie di bozzetti ispirati all’abbigliamento e allo sfarzo dei costumi della Regina Elisabetta I. Nasce così la serie delle regine, The Bad Queens. Dai bozzetti passa, nel 2014, a rappresentare gli stessi soggetti su legno con tecniche miste che esaltano la sontuosità dei costumi e mettono in risalto l’imponenza e la regalità delle sue regine, tramite anche un bombardamento ottico di colori intensi e brillanti. Ogni regina ha il suo colore.
Viaggiatrice e antropologa va alla ricerca di popolazioni legate a tradizioni primitive e soggiorna per alcuni anni in Kenya presso le tribù dei Maasai e dei Ghiriama. Qui compra le tele in cotone naturale dei sudari, cambiandone la destinazione d’uso, per dipingere tende e tovaglie. Rimane affascinata dai costumi e dall’abbigliamento delle donne Maasai in occasione di matrimoni, che le ispirano opere polimateriche in ottone, stoffe, cuoio, acrilici su legno, ricreando l’atmosfera sontuosa dei loro rituali.
Anche il mondo floreale viene esplorato con attenzione alle valenze simboliche che anche un fiore può offrire. Gli Afghan poppies, dalle tonalità intense diventano una metafora della umanità. I loro germogli neri e brillanti sono il simbolo dell’Africa in cui la natalità è molto alta, rispetto all’Europa, ed esprimono l’energia e la carica vitale delle nuove generazioni.
L’ispirazione di Manilla è sempre legata a un’emozione personale. I suoi lavori sono “nutriti” di vita vissuta da un artista attenta alle tematiche sociali, ambientali, ecologiche, alle sofferenze del nostro pianeta e tramite il messaggio visivo che emerge dalle Arche Spaziali vuole fuggire da questa triste realtà, denunciandone i mali.
Tutto ciò offre alla nostra artista la possibilità di assemblare con sapienza scenografica materiali diversi riciclati, come ferro, legno, plastica, lattine, creando, come in altre sue opere, una pittoscultura, sempre in costante movimento, dalle suggestive scenografie emozionali mai ripetitive.
Nel 2019 l’artista attraversa un periodo difficile: la sua vena creativa sembrava essersi esaurita. Per uscire dal buio e dalla inattività torna a dipingere, dapprima un dipinto scuro, poi vi aggiunge un poco di fuoco, quindi il mare, la schiuma e infine, inaspettatamente da questo miscuglio di colori, prende forma una donna simbolo di rinascita, Metamorfosi. Poi subito dopo Fiume della libertà, la donna dipinta è lei stessa con gli occhi bendati, dalla foresta lussureggiante emergono i profili di un’antilope e di una zebra, che la stanno guardando. Il formato del quadro è di grandi dimensioni, come in molte opere precedenti e si respira il senso della vastità, del mare e del mistero, in un tripudio di colori freschi e lussureggianti. Un inno alla vita e alla creatività ritrovata dell’artista viaggiatrice e antropologa, che ama la vita autentica e l vita si intreccia con l’arte.