Un po’ di storia

CENNI STORICI

L’Aggettivo Balsamico – aromatico, odoroso, medicamentoso, miracoloso – che da tempo immemorabile accompagna l’aceto prodotto nella nostra Provincia trae origine dal lungo processo di invecchiamento del mosto cotto (noto ai più come saba), le cui proprietà benefiche erano note già dagli antichi romani.
Della saba trattano Catone, Ovidio, Plinio, Columella qualificandola come condimento e conservante per la frutta. Il Mosto cotto, compare poi nel trattato “Della natura dei cibi e del bere”, del medico Bolognese Baldassarre Pisanelli che asserisce “Che sia cavato dall’uva dolce, cotto tanto che manchi per metà, e che sia ben chiaro. Giova alla strettezza del petto, e agli affetti del polmone, alle ulceri delle reni, ed è buona contro i veleni“. Il mosto cotto rimane un ottimo condimento per gli alimenti, come testimonia Pellegrino Artusi – scrittore e gastronomo romagnolo vissuto tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 – nell’opera “La scienza in cucina e l’arte del mangiare bene” indicandola come un o sciroppo d’uva che può servire in cucina a diversi usi, poichè ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti“. Ma gli usi si possono estendere anche a scopi medicamentosi e cosmetici. Aceto e mosto cotto, coniugati per mitigare l’acidità dell’aceto, divengono un condimento apprezzato già nell’antichità. Così scriveva Ludovico Ariosto – che fu tra l’altro investito nel 1506 del beneficio ecclesiastico di “Chierico Rettore di S. Maria Uliveto a Montericco – nella terza delle sue Satire dedicata al cugino Annibale Malaguzzi, “in casa mia mi fa meglio una rapa ch’io coco, e cotta s’uno stecco inforco e mondo e spargo poi d’aceto e sapa”.
Allo stesso modo, secondo quanto scrive il moncano Donizone ne la Vita Mathildis, in occasione della sua discesa in Italia (1046), l’imperatore Enrico III manifestò a Bonifacio, Marchese di Toscana e Padre di Matilde, il desiderio di gustare il “laudatum acetum che sapeva farsi perfettissimo in Canossa“. Bonifacio ne fece allora riempire una preziosa botticella d’argento che mandò all’imperatore su un carro tranato da due buoi; e altissimo fu il gradimento di Enrico III. Più vicino a noi, nel 1863 ,in una pubblicazione di Fausto Sestini si legge in modo chiaro che: “nelle province di Modena e Reggio Emilia si prepara da tempo antichissimo una particolare qualità di aceto a cui le fisiche apparenze e la eccellenza dell’aroma fecero acquistare il nome di Aceto Balsamico”. Le testimonianze sull’aceto balsamico si fanno più frequenti nell’Ottocento, attraverso gli elenchi delle doti delle famiglie nobili reggiane. A quei tempi era infatti buona regola aggiungere alla dote della nobildonna in procinto di sposarsi dei vaselli di aceto balsamico di valore e batterie di barili contenenti il prezioso prodotto. Il resto è storia contemporanea.

CARATTERISTICHE TECNICHEAceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia è il nome di un prodotto tradizionale di alta qualità e tutelato dal marchio di Denominazione di Origine Controllata, ottenuto per fermentazione e affinamento di mosti d’uva cotti provenienti esclusivamente dalla provincia di Reggio Emilia.
La sua unicità è frutto esclusivamente del processo di fermentazione zuccherina e acetica del mosto cotto che viene poi sottoposto a un lungo periodo di invecchiamento e affinamento in una “batteria” di piccole botti. Il processo di trasformazione del mosto può avvenire solo nelle particolari condizioni ambientali e climatiche tipiche dei sottotetti delle vecchie abitazioni e solo in un territorio piuttosto limitato, caratterizzato da inverni rigidi e estati calde e ventilate. Per queste ragioni non può essere ottenuto con lavorazioni industriali o su larga scala, la produzione è molto limitata e il prezzo piuttosto elevato.

Secondo il disciplinare della DOP esistono due tipologie produttive denominate:

  • affinato: da barili in produzione da almeno 12 anni
  • extravecchio : da barili in produzione da almeno 25 anni.

Il prodotto viene venduto in bottigliette da 100 ml, la cui chiusura è assicurata da un tappo in sughero legato con dello spago e sigillato con ceralacca rossa su cui è impresso il marchio della DOP. La produzione si attesta annualmente sulle 35/40.000 bottiglie all’anno.

I controlli sulla produzione sono svolti da organismi certificatori nominati dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali. L’idoneità all’imbottigliamento e la classificazione qualitativa vengono stabilite da un panel di 5 assaggiatori che valutano i campioni conferiti dai produttori, resi anonimi, in base alle caratteristiche visive, olfattive e gustative.

DATI RELATIVI ALLE AZIENDE CON SEDE SUL TERRITORIO COMUNALE DI ALBINEA
(al 31/12/2009)

Albinea può essere considerata a pieno titolo la “Terra dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia” e i dati che seguono lo dimostrano, sia per quanto concerne la produzione delle materie prime (uve e mosto) sia per quanto riguarda i quantitativi di ABT prodotti.

– Produzione uva destinata alla produzione certificata di mosto per aceto balsamico tradizionale di
Reggio Emilia: 59,60%
(Produzione certificata mosto cotto – stima – 53%)
– Giacenza Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP: 25,69%
– Confezioni imbottigliate: 23,60%

(I dati si riferiscono alla quota di produzione albinetana in rapporto a quella dell’intera provincia)