Parla il mitico Roncaglia, che dopo quasi 70 anni abbasserà per sempre la saracinesca

Dal 2025 Albinea perderà una parte della sua storia. Chiuderà infatti lo storico negozio gestito da Silvano Oddone Roncaglia in via Crocioni. Si tratta di un’attività che è ben più di un esercizio commerciale e che, con il tempo e grazie al suo gestore, è entrata quasi nel mito. Aperta nel 1956 dal padre Ennio, poi è passata al figlio Silvano, anche conosciuto come Ronk, che l’ha portata avanti per quasi 70 anni.

Il negozio di Roncaglia ha una caratteristica che lo ha reso unico in provincia: a parte non avere un vero e proprio pavimento, al suo interno si trova tutto quello di cui una persona ha bisogno. Esageriamo? Forse sì, ma nemmeno troppo. All’interno del caos che regna sovrano Silvano, 77 anni, in un attimo riesce a trovare tutto quello che il cliente chiede. Come fa? Non di certo grazie a un inventario visto che non è mai stato fatto e che sarebbe impossibile farlo… Questo e tante altre cose abbiamo chiesto a Ronk in questa intervista “a cuore aperto”

Roncaglia il negozio lo aprì suo padre Ennio nel 1956?

Esatto. Ed era identico a come è oggi, a parte gli oggetti che vendeva e che sono diversi da quelli che ci sono oggi.

Quando ha iniziato a lavorare lo ha fatto aiutando suo padre in negozio?

A 15 anni, prima di aiutare mio padre, dal momento che non avevo tanta voglia di andare a scuola, mio padre mi castigò e mi mandò a lavorare a Reggio sotto padrone. “Così impari a guadagnarti il pane”, mi disse. Andavo su e giù in bicicletta e l’ho fatto per 4 anni. Facevo l’elettricista in una ditta. Comunque io li aiutavo anche allora i miei genitori, perché il sabato ero in negozio. Mi mandavano in città in bici con un cartone e delle borse a prendere il materiale per il negozio.

E cosa comprava?

Catene per le mucche ad esempio che pesavano tantissimo. Il negozio allora vendeva soprattutto quelle, oltre alle spazzole, sempre per le mucche e alle catene per legare i cani. In quel periodo qui c’erano tanti contadini che avevano stalle e bestiame.

Poi cosa è successo?

A un certo punto, a 19 anni, decisi che, siccome l’attività era della mia famiglia, sarebbe stato meglio lavorare nel negozio con mio padre.

Se tornassi indietro rifaresti questa scelta?

No, neanche morto.

Perché?

Perché ho fatto una fatica da non credere, anche se il lavoro e il contatto con i clienti mi è sempre piaciuto molto.

A che età si è sposato?

Avevo 26 anni.

Sua moglie Ileana è venuta ad aiutarla in negozio?

All’inizio lei non voleva. Era una ragioniera e andò a lavorare prima alla Vemar e poi nella gestione del personale da Lombardini. In seguito ebbe qualche problemino di salute e venne qui in negozio. All’inizio fu difficile per lei…poi pian piano si abituò

Ha figli?

Si si due figli di 51 e 49 anni e cinque nipoti di cui la più grande ha già 23 anni.

Ora le due domande che tutti quelli che entrano qui si pongono: ma qui si trova davvero proprio tutto? E come fa lei a sapere perfettamente dove sono le cose in mezzo a questo disordine?

Allora proprio tutto tutto no, ma raramente chi è entrato qui per cercare qualcosa è uscito a mani vuote. Come Faccio? Bè se io metto una cosa in un posto ricordo dov’è e so dove ritrovarla. Il problema è quando qualcuno me la sposta. Allora divento matto. Ho un’ottima memoria, tipo un computer, che mi è sempre servita molto.

Quanti saranno gli articoli che tiene in negozio? 3mila?

Ah impossibile contarli, ma tanti tanti. Avevo sei stanze al piano di sopra, tre garage, tre cantine, le due stanze del negozio e il retro tutti pieni di oggetti. Solo la parte al piano terra è grande 300 metri quadrati.

Chi andava a fare la spesa degli oggetti?

Qualcosa si comprava anche dai rappresentanti, ma la maggior parte delle cose andavo a prenderle io. Il giovedì pomeriggio, giorno di chiusura, partivo alle 14 e tornavo a casa alle 20.

Non ha mai pensato di ristrutturare il negozio?

No mai.

Perché?

Perché i miei figli, che mi hanno aiutato durante l’università, non volevano portare avanti l’attività. Ero solo e non ho avuto il coraggio di rischiare perché ci volevano tanti soldi.

Quanto conta nel successo del suo negozio il rapporto con i clienti?

Tanto. Molti se entrano qui arrabbiati poi escono con il sorriso. Spesso mi fermo a fare quattro chiacchiere davanti al negozio e questo piace alle persone.

I suoi clienti non sono solo albinetani vero?

No no. Ci sono tanti albinetani, ma molti vengono da tutta la provincia, anche da comuni molto lontani tipo Boretto e Gualtieri. Spesso cercano oggetti che non trovano da nessuna parte, ma che io ho in negozio.

Qual è l’oggetto più antico che aveva in negozio?

Secondo me erano le scatole in alluminio con le siringhe di vetro che si facevano bollire per sterilizzarle.

Che rapporto ha con gli albinetani? Le vogliono bene?

Ah quello andrebbe chiesto a loro… Io sono sempre brillante e allegro. Spero di essere simpatico ai miei clienti.

Chissà quante scene divertenti le sono capitate in tutti questi anni di onorato servizio…

Ah sì si, molte. Tra le altre ricordo quella volta in cui un signore gli chiese una trappola per topi. Io ne tirai fuori una, ma lui disse che era è troppo grossa. Allora gliene feci vedere un’altra, ma lui rispose che era troppo piccola. A quel punto dissi: “Vieni qua col sorcio, che troviamo la trappola giusta”.

Le dispiace chiudere?

Sì è chiaro. Lo faccio anche perché con l’età faccio un po’ fatica ad andare avanti. Però mi dispiace per il paese che resterà senza un negozio in cui potevano trovare davvero molte cose. Questo, oltre a un’attività commerciale, era un luogo di ritrovo e di chiacchiere. Davanti al negozio ci sono sempre 4 o 5 seggiole in cui ci sediamo e parliamo.