Il libro di Strada e Satolli sull’epidemia di Ebola sarà presentato mercoledì 21 giugno in sala civica

E’ dedicato a una parte piuttosto recente del nostro passato il libro “Zona Rossa” di Gino Strada e Roberto Satolli. Il volume parla dell’intervento di Emergency nel contrasto all’epidemia di Ebola in Sierra Leone tra il 2014 e il 2015.

Mercoledì 21 giugno, alle 20.30, Satolli presenterà l’opera scritta a quattro mani con Strada nella sala civica del Comune di Albinea in via Morandi 9. Ad intervistarlo ci sarà la giornalista di Telereggio Liviana Iotti. L’incontro sarà introdotto da Flavio Attolini, volontario del gruppo Emergency di Reggio Emilia e preceduto dal saluto del sindaco di Albinea Nico Giberti.

Per qualche mese, nel 2014, tutto il mondo tremò di fronte a un minuscolo virus. Ebola uscì dalle foreste dell’Africa e minacciò di spostarsi a bordo di navi e aerei, arrivando a lambire le cosiddette nazioni sviluppate. Per la prima volta, gli occidentali guardarono la catastrofe umanitaria con gli occhi di chi temeva che possa bussare alle porte di casa propria. Come mai l’epidemia fu così estesa? Come si poteva fermare? Emergency era arrivata in Sierra Leone sul finire della guerra civile che aveva insanguinato il paese per tutti gli anni novanta. Lavorava con le vittime delle mutilazioni, delle mine antiuomo, degli stupri, come sempre contro la violenza dell’uomo sull’uomo. Improvvisamente si ritrovò in prima fila in un altro conflitto: una guerra scatenata da un virus, una guerra che finalmente valeva la pena combattere, con le armi della medicina, della scienza e dell’umanità. Gino Strada volò in Africa, insieme a Satolli, Fabrizio Pulvirenti e decine di volontari le cui voci e racconti popolano il libro. E scoprì che nemmeno quella guerra era “giusta”: anche lì c’era chi raccontva bugie, chi si arricchiva mettendo in pericolo i civili, chi si riempiva la bocca di alti principi ma non pensava affatto di applicarli.

Nelle pagine del volume che sarà presentato mercoledì la voce di Strada torna a levarsi per denunciare l’ingiustizia di un mondo diviso tra chi può curarsi e chi può solo fare il “favore” di morire senza infettare nessun altro.